Il filosofo di campagna, Praga, Pruscha, 1762

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
1165Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor. Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
1170siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
1175che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non sia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
1180o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
 eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
1185Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
1190altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
1195(Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LA LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
1200passar per un momento.
 LA LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LA LENA
 Davvero? Compatite,
1205ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LA LENA
1210Me n’avvidi che v’era un qualch’imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LA LENA
 Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
1215voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LA LENA
 (Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
1220in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LA LENA
 Precedetemi voi; quella è la strada.
 EUGENIA
1225Andiam, Rinaldo amato.
 L’innocente desio seconda il fato.
 
    Che più bramar poss’io?
 Che più dal cielo aspetto?
 Andrò col mio diletto
1230la pace ad incontrar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LA LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
1235qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LA LENA
 Son contadina, è vero.
 Ma ho massime civili e buona dote;
1240son di Nardo nipote;
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LA LENA
                                  Ma fate presto;
1245se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
1250passar la gioventù
 io non vorrei così,
 ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto,
 civile, graziosetto,
1255che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa sudetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato
 ma Nardo ho ritrovato
1260meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
    Guerrier, che valoroso
 nell’assalir si veda,
 quand’ha in poter la preda
1265perderla non saprà. (Entra nella casa sudetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e poi LA LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
1270Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
1275Se li trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
 Signor che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
1280che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LA LENA
1285Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
 E collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo!
 LA LENA
                         Con lui.
 DON TRITEMIO
                                          Ma Nardo dunque...
 LA LENA
1290Nardo, mio zio, l’ha a caro.
 Per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
 Oh questa sì ch’è bella.
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione.
1295Sì sì, l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
1300Io crepo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia.
 NARDO
1305Bene al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
1310cosa dice di me.
 NARDO
                                Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo certissimo.
 NARDO
1315Sì sì fate benissimo.
 Stimo que’ genitori,
 cui profittan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
 Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
1320La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì, finch’è sposata.
 DON TRITEMIO
 Questa è una mala azion che voi mi fate.
 NARDO
 No, caro amico, non vi riscaldate.
 DON TRITEMIO
 Mi riscaldo, perché
1325si poteva con me meglio trattare.
 Se l’aveva promessa,
 lo sposo aveva le ragioni sue.
 NARDO
 I sposi erano due;
 v’erano dei contrasti, onde per questo
1330quel che aveva più amor fatto ha più presto.
 DON TRITEMIO
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DON TRITEMIO
 Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DON TRITEMIO
 È ver; non vuo’ impazzire;
1335l’ho trovata alla fine e ciò mi basta.
 Doppo il fatto si loda.
 Chi l’ha avuta l’ha avuta e se la goda.
 
    Da me non speri
 d’aver un soldo,
1340se il manigoldo
 vedessi lì.
 
    Se se n’è andata,
 se si è sposata,
 da me non venga,
1345nemmeno qui.
 
    Chi ha avuto ha avuto;
 chi ha fatto ha fatto,
 non son sì matto,
 non vuo’ gettare,
1350non vuo’ dotare
 la figlia ardita
 che se n’è gita
 da me così. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LA LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
1355basterà la consorte;
 poi doppo la sua morte il padre avaro
 a suo dispetto lascierà il denaro.
 LA LENA
 Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
1360Eccollo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
 Andate in casa mia,
 l’opera terminate.
 L’ordine seguitate
 dei due sponsali in un contratto espressi
1365colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
 Sì signor, si farà.
 Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
 Pagherà chi è servito e chi commanda.
 LA LENA
 Sentite, se si fanno
1370scriture in casa mia,
 voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LA LENA
                                                   Dirò,
 se mi mariterò
 come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
1375Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
 Credetemi, lo fa senza malizia;
 delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
1380   Voi che filosofo
 chiamato siete,
 dirmi saprete
 come si dia
 di simpatia
1385forza e virtù.
 
    La calamita
 tira l’acciaro.
 Tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
1390Nato son contadino,
 non ho studiato niente
 ma però colla mente
 talor filosofando a discrezione
 trovo di molte cose la ragione
1395e vedo chiaramente
 che interesse, superbia, invidia e amore
 hanno la fonte lor nel nostro cuore.
 LESBINA
 Ma capperi! Si vede,
 affé, che mi volete poco bene.
1400Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
 Un affar di premura
 m’ha trattenuto un poco.
 Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro. Ei scrive
1405il solito contratto
 e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
 Ma se Eugenia fugì...
 NARDO
                                         Fu ritrovata,
 là dentro è ricovrata
 e si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
1410Don Tritemio che dice?
 NARDO
                                              Egli è contento.
 LESBINA
 Dunque, quand’è così, facciamo presto.
 Andiam, caro sposino.
 NARDO
 Aspettate, Lesbina, anche un pochino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate;
1415prima che mia voi siate,
 a voi vuo’ render note
 alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
 Qual dote dar vi possa
 voi l’intendeste già.
1420Affetto ed onestà,
 modestia, ritrosia
 ed un poco di buona economia.
 NARDO
 Così mi basta e appunto
 di questo capital, che apprezzo molto,
1425intendo ragionar.
 LESBINA
                                   Dunque vi ascolto.
 NARDO
 In primis che l’affetto
 non sia troppo né poco,
 perché il poco non basta e il troppo annoia;
 e la mediocrità sempr’è una gioia.
 LESBINA
1430Com’ho da regolarmi,
 per star lontana dagli estremi?
 NARDO
                                                          Udite,
 per fuggir ogni lite,
 siate amorosa, se il marito è in vena;
 non lo state a seccar, se ha qualche pena.
 LESBINA
1435Così farò.
 NARDO
                     Sul punto
 della bella onestà
 non v’è mediocrità. Sia bella o brutta,
 la sposa d’un sol uom dev’esser tutta.
 Circa l’ecconomia potrete qui
1440regolarvi così:
 del marito il voler seguire ognora
 e non far la padrona e la dottora.
 LESBINA
 Così farò, son della pace amica,
 obbedirvi sarà minor fatica.
 NARDO
1445Or mi sovvien che un altro capitale
 m’offeriste di lingua.
 LESBINA
                                         È ver.
 NARDO
                                                       Se questo
 mi riuscirà molesto,
 in un più necessario il cambierò.
 LESBINA
 Ho inteso il genio vostro.
1450Non vi sarà pericolo
 che vi voglia spiacer neanche in un piccolo.
 NARDO
 Quand’è così, mia cara,
 porgetemi la mano.
 LESBINA
                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Del nostro matrimonio
1455invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
    Lieti canori augelli
 che tenerelli amate,
 deh testimon voi siate
 del mio sincero amor.
 
 NARDO
 
1460   Alberi, piante e fiori
 i vostri ascosi ardori
 insegnino a due sposi
 il naturale amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda:
1465«Ama lo sposo ognor».
 
 NARDO
 
    Dice la terra e l’onda:
 «Ama la sposa ancor».
 
 LESBINA
 
    La rondinella
 vezzosa e bella
1470il suo compagno
 cercando va.
 
 NARDO
 
    L’olmo e la vite,
 due piante unite
 ai sposi insegnano
1475la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rondinella
 ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
 Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
1480   Rondone fido
 nel caro nido
 vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
 Prendimi stretto,
 vite amorosa,
1485diletta sposa.
 
 A DUE
 
    Soave amore,
 felice ardore,
 alma del mondo,
 vita del cor.
 
1490   No non si trova,
 no non si prova
 più bella pace,
 più caro ardor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Diamine! Che ho sentito?
1495Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia.
 Che la filosofia
 colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
1500Quel che pensar non so;
 all’uscio picchierò. Veranno fuori;
 scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA XI
 
 LA LENA e detto
 
 LA LENA
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 LA LENA
1505Finito è l’istrumento;
 si fan due matrimoni.
 Tra gli altri testimoni,
 che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
1510Questi sposi? Quai son?
 LA LENA
                                               La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Cospetto! Mi vien caldo.
 LA LENA
 E l’altro, padron mio,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
1515Come? Lesbina? Oimè; no non lo credo.
 LA LENA
 Eccoli tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi! Cosa vedo?
 EUGENIA
 
    Ah genitor, perdono...
 
 RINALDO
 
 Suocero, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
1520Quest’è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi scelerati,
 vi siete accomodati?
 Senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto.
1525Che bella carità!
 
 LA LENA
 
    Quando di star vi preme
 con una sposa insieme,
 ecco, per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
1530per disperar colei,
 Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
 sia per dispetto,
 amore al core
1535piacer darà.
 
 
 Fine del dramma giocoso